Le parole contano.
Specialmente quando definiscono un mestiere.
Ogni termine che usiamo, dalla "tensione del telaio" al "costo per stampa", non è solo un suono: è un concetto, un pezzo di sapere.
Eppure, siamo il popolo dalla lingua più articolata che, paradossalmente, sta smarrendo il significato delle proprie parole.
Stiamo vivendo l'epoca della grande delega.
E non parliamo solo di compiti pratici, ma del senso stesso del nostro comunicare.
La mentalità dominante è: “Fai quello che sai fare meglio e lascia che l'AI faccia il resto” (cit.).
In questo slancio verso un mondo sempre più digitale, stiamo involontariamente lasciando ai margini quel sapere analogico che per decenni ha retto economie e relazioni.
Il nuovo mondo del lavoro è digitale, è vero, ma è anche profondamente aleatorio.
I punti di riferimento non sono più fermi, ma si muovono a una velocità che li rende evanescenti, difficili da afferrare e quasi impossibili da padroneggiare con profondità.
Davanti a questo scenario, abbiamo due strade:
-Credere che tutto il sapere accumulato fino a oggi sia un relitto ingombrante, inutile per le nuove generazioni.
-Accettare una sfida più ambiziosa: trovare il modo di tradurre competenze antiche in un linguaggio applicabile alle nuove tecnologie.
È impensabile imporre i ritmi lenti del passato all'industria 4.0, ma è altrettanto miope credere che la velocità sia un valore assoluto.
Fare le cose con i giusti tempi, viverle con consapevolezza, non è un retaggio romantico: è l'unico modo per creare un valore che duri.
Questo vale per la vita di tutti i giorni, ma nel campo della personalizzazione e della serigrafia diventa una questione di sopravvivenza.
Il mantra del "tutto e subito" ha svuotato il processo creativo.
Ha ridotto la personalizzazione a un mero atto di stampa, dimenticando la sua anima: la progettazione, l'elaborazione e la proposta efficace.
Ormai si parla di formazione come di un "prodotto" da consumare in fretta, non più come di un "percorso" da costruire mattone dopo mattone.
Si cerca la soluzione immediata, propedeutica all'arrivo della prossima novità, in un ciclo infinito che consuma risorse e talenti, senza costruire nulla di solido.
Ma c'è una terza via: passa proprio dalle parole.
Le parole possono essere il freno a questo flusso apparentemente irrefrenabile.
Possono essere gli strumenti con cui ricostruire un ponte tra la profondità del sapere artigianale e l'efficienza del mondo digitale.
Dobbiamo reimparare a parlare.
Dobbiamo trovare le parole per:
-Spiegare perché un prodotto serigrafico di qualità ha un valore intrinseco superiore.
-Tradurre concetti tecnici come il "costo per stampa" in un racconto di efficienza che un imprenditore comprenda.
-Fare comunità attorno a termini come "metodo", "processo" e "valore", contrapponendoli a "velocità", "prezzo" e "consumo".
Questo non è un discorso astratto.
È un progetto concreto che prende forma.
Il prossimo gennaio a Milano, alla fiera di riferimento del settore, non terremo un semplice talk.
Stiamo creando un'Agorà, uno spazio di confronto dove le parole tornano ad avere peso.
Un luogo dove le domande dei visitatori diventeranno il vero programma, e dove tre professionisti con visioni diverse si siederanno non per vendere prodotti, ma per dare risposte, tradurre concetti e aiutare a riappropriarsi di un linguaggio comune di valore e competenza.
Perché il futuro della personalizzazione non è nell'abbandonare il passato, ma nel tradurlo.
E ogni traduzione che si rispetti parte sempre dalla scelta delle parole giuste, anche dalle tue!

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Ciao a tutti 👋 Mi chiamo Angelo Barzaghi, sono il creatore di questo blog.
La serigrafia è il mio lavoro e la mia passione.

